INTERVISTE

| Ott 28, 2024

L’Intelligenza Artificiale tra sostenibilità e lavoro: intervista ad Antonio Corda

Antonio Corda, Direttore Affari Legali, External Affairs e Corporate Communications di Vodafone, ci parla delle sfide e delle opportunità legate all'intelligenza artificiale, tra impatto ambientale e trasformazione del lavoro
di Mario Alberto Catarozzo, Direttore 4cPortal.ai

Abstract

Antonio Corda, Direttore Affari Legali, External Affairs e Corporate Communications di Vodafone, affronta in questa intervista i temi dell’intelligenza artificiale (IA), della sostenibilità e dell’impatto sul lavoro. Sottolinea l’elevato consumo energetico dell’IA e l’impronta ambientale dei data center, ma evidenzia anche come l’IA possa ridurre le emissioni ottimizzando i consumi in diversi settori. Corda presenta le iniziative di Vodafone, come la Self Operating Network e strumenti di manutenzione predittiva, che mirano a rendere l’uso delle risorse più efficiente. Sul fronte lavorativo, prospetta una trasformazione delle professioni grazie all’IA, richiamando l’importanza di una formazione continua e di un sostegno strategico per gestire la transizione.

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L’Intelligenza Artificiale è ormai al centro del dibattito pubblico. Come valuta l’attuale situazione?

Ne parlano in tanti, ma pochi con vera cognizione di causa – e non mi includo tra questi ultimi. Le pagine dei giornali sono piene di notizie sull’AI e ci sono numerose ricerche, spesso con dati contrastanti. Siamo in una fase di hype, ma non è una bolla: l’Intelligenza Artificiale è qui per restare, anche se probabilmente è sovrastimata nel breve periodo e sottostimata nel lungo termine. Dopo l’iniziale entusiasmo e adozione, ora vediamo una maggiore cautela e un focus sui rischi, siano essi ambientali, sociali o etici.

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A proposito di rischi ambientali, qual è l’impatto dell’AI sull’ambiente?

I dati sono chiari nel dire che la AI è molto energivora: basti pensare che oggi esistono 7.000 data center in tutto il mondo, il doppio rispetto al 2015, che consumano annualmente una quantità di energia paragonabile a quella degli Stati Uniti. Per dare qualche numero concreto: nel 2020, il solo addestramento di ChatGPT3 ha comportato l’emissione di 550 milioni di tonnellate di CO2 – l’equivalente di 200 voli Milano/New York – e il consumo di 3,5 milioni di litri d’acqua. ChatGPT4 ha richiesto cinquanta volte più energia. Persino una singola richiesta a ChatGPT consuma dieci volte più energia di una ricerca su Google.

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Come si riflette questo sulla sostenibilità delle grandi aziende tech?

L’impatto è significativo. Tutte le Big Tech (Google, Microsoft, Amazon) hanno dichiarato incrementi delle loro emissioni di gas serra che si attestano tra il 30% e quasi il 50% negli ultimi due anni. C’è poi il problema del consumo d’acqua: Google e Microsoft da sole hanno utilizzato 32 miliardi di litri d’acqua nei loro data center nel 2022, sufficienti per il consumo della città di Roma per oltre due mesi.

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Esiste una soluzione a questo problema?

Dobbiamo cercare un bilanciamento tra innovazione e sostenibilità ambientale. Ci sono diverse strade che si possono seguire: innanzitutto, l’AI stessa permette di ottimizzare i consumi energetici in molti settori, dalla rete elettrica ai processi produttivi, dalle smart cities all’agricoltura, oltre che accelerare la stessa ricerca nelle energie rinnovabili. Boston Consulting stima che l’AI potrebbe ridurre le emissioni globali tra il 5% e il 10% entro il 2030. Poi c’è lo sviluppo di modelli più efficienti: si parla di “frugal machine learning” o “nimble models”, più piccoli ma molto performanti per compiti specifici. Infine, c’è la strada dell’energia pulita: Microsoft costruirà 10,5 GigaWatt di capacità energetica rinnovabile negli USA entro il 2030, Google investe nel geotermico, Amazon sta costruendo data center alimentati con energia nucleare. Affrontare le implicazioni energetiche dell’AI non è solo una questione ambientale, ma anche di equità: sistemi di AI ad alta intensità energetica possono aumentare le disuguaglianze socioeconomiche a causa di un diverso accesso alla tecnologia, in particolare nelle regioni con infrastrutture energetiche limitate o costi energetici elevati.

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Come si sta muovendo Vodafone in questo contesto?

Abbiamo sviluppato diverse soluzioni. Ad esempio, la nostra piattaforma SON (Self Operating Network) che utilizza AI e machine learning per ottimizzare la configurazione dei parametri della rete mobile anticipando le esigenze di traffico e adattando le risorse attive. Questo si traduce in un risparmio energetico significativo. Abbiamo anche una piattaforma che, attraverso l’analisi dei dati storici, permette di prevedere e prevenire i problemi di rete, allungando la vita utile degli apparati.

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Passiamo al tema lavoro: quale sarà l’impatto dell’AI sull’occupazione?

I numeri possono sembrare preoccupanti: Goldman Sachs prevede che l’AI potrebbe minacciare 300 milioni di posti di lavoro nel mondo, con un impatto particolare sulle attività amministrative, giuridiche e di ingegneria. Ma il quadro complessivo è più sfumato: secondo Accenture, in Italia 5 milioni di lavoratori svolgono mansioni a rischio automazione, ma 9 milioni verranno “potenziati“ dall’AI, con un bilancio occupazionale positivo di 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro. L’effetto della AI nel lungo termine sarà non tanto nel senso di sostituzione del lavoro dell’uomo, quanto di trasformazione e spostamento delle professioni, come è già accaduto anche con la prima rivoluzione industriale: tra metà 1700 e metà 1800 la quasi totalità popolazione italiana lavorava nei campi, oggi il lavoro agricolo è inferiore al 4%. Il risultato atteso è un aumento della produttività complessiva: McKinsey stima che la Generative AI ha il potenziale di aumentare la produttività del lavoro negli USA tra lo 0,5 e l’1% annuo sino al 2030. Secondo IDC, nel 2030 ogni dollaro speso in AI ne genererà 4,6, quindi gli investimenti delle imprese in AI nei prossimi sette anni apporteranno un contributo totale di 20 mila miliardi di dollari alla economia globale e nel 2030 varrà il 3,5% del PIL mondiale.

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Come si sta preparando Vodafone a questa trasformazione?

Abbiamo adottato un approccio strutturato che punta da una parte ad ottimizzare l’operatività all’interno della nostra organizzazione, dall’altra a fornire una migliore esperienza ai nostri clienti. Utilizziamo una architettura multi-fornitore con Gemini di Google e Co-pilot di Microsoft. Abbiamo fornito una licenza Microsoft Co-pilot a tutti i nostri 70.000 dipendenti nel mondo, con risultati interessanti: si risparmiano mediamente 3 ore di lavoro a settimana per persona. Per gli sviluppatori, il tempo di scrittura del codice si è ridotto della metà. Abbiamo anche sviluppato SuperTOBI, una chatbot potenziata con AI generativa che finora ha migliorato del 20% la capacità di risolvere le richieste dei clienti, e stiamo testando SuperAgent, un tool che supporta gli operatori del call center nella loro interazione con i clienti.

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Qual è la chiave per gestire questa transizione?

La formazione è fondamentale. Secondo un recente studio di EY, il 37% dei lavoratori ritiene che la propria azienda dovrebbe fornire maggiore formazione sull’AI, mentre solo il 16% considera sufficiente quella attuale. Il 55% si dedica all’autoformazione, consapevole dell’importanza di rafforzare la propria employability in un mercato del lavoro in rapida evoluzione. Le aziende devono avere una visione strategica chiara e investire nella formazione dei dipendenti, sia tecnica che culturale. Ma la responsabilità non è solo delle aziende: anche le istituzioni devono avere un ruolo attivo. In Italia, l’AI rappresenta un potenziale straordinario per accelerare la produttività delle PMI, è pertanto necessario avviare un ciclo virtuoso per educare e accompagnare le aziende nell’adozione di queste tecnologie.

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